Storia della Facoltà
Paolo Mazzarello
Professore Ordinario di Storia della Medicina
«Ero venuto a Pavia per vedere i giovani lombardi che studiano in quella Università, la più sapiente d’Italia; ne sono assolutamente soddisfatto. … I giovanotti che affollano le vie di Pavia non hanno il colore roseo di quelli di Gottinga; il loro occhio non sembra perso nella contemplazione commossa del paese delle chimere. Sono diffidenti, taciturni, bruschi; una grande massa di capelli neri, o castano scuri, adombra un volto fosco il cui pallore olivastro rivela l’assenza della gioia facile e dell’amabile storditaggine propria dei giovani francesi. Basta che una donna appaia in strada e tutta la cupa serietà di questi giovani patrioti si trasforma in un’espressione differente. Una donzella di Parigi, arrivando qui, si spaventerebbe a morte; prenderebbe tutti quei giovanotti per dei briganti. Quanto a me, li amo per questo». Così scriveva nel 1816 Henri Marie Beyle che diventerà noto con lo pseudonimo di Stendhal a proposito dell’Università di Pavia e dei suoi studenti. Amava l’Italia e quei giovani appena usciti dalle drammatiche avventure napoleoniche l’avevano colpito per l’asprezza, la tensione ruvida dei modi ma soprattutto per la loro cultura. Anche se non sempre nella storia dell’Ateneo pavese gli studenti erano stati così drammaticamente lacerati come durante il duro periodo iniziale della Restaurazione, da sempre essi avevano costituito l’elemento portante e vitale della secolare istituzione accademica. Non solo. L’atmosfera stessa della città poteva dirsi vivere della loro presenza e bastava passarvi nei mesi di chiusura dell’Università per avvertirne la differenza.
L’Ateneo traeva ufficialmente origine dall’atto di fondazione dello “Studium Generale” da parte del re di Boemia e imperatore di Germania Carlo IV con diploma istitutivo rilasciato a Norimberga il 13 Aprile 1361 confermato nel 1389 da una bolla di papa Bonifacio IX. In realtà fin dall’Alto Medioevo erano esistite a Pavia scuole importanti di filosofia, retorica e diritto. All’inizio del IX secolo il grammatico e retore Dungalo Scoto era attivo in un centro superiore di insegnamento forse annesso alla chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro. Nell’825 l’imperatore Lotario, nipote di Carlo Magno, nel riordinare gli istituti superiori di insegnamento, costituì una scuola di retorica e diritto a Pavia che richiamò studenti dai territori di Milano, Brescia, Lodi, Bergamo, Novara, Vercelli, Tortona, Acqui, Genova, Asti, Como. Fin verso la fine del sec. XI essa mantenne una presenza significativa, poi se ne perdono le tracce anche se, sicuramente, continuò a esistere come scuola locale.
Dopo il 1361 si entra comunque in una nuova era dell’insegnamento superiore a Pavia con la nascita ufficiale dello Studium Generale patrocinato dai Visconti di Milano. Gli inizi furono difficili sia per le difficoltà comunali a sostenere le spese che per il numero limitato di allievi. Nel 1375 si arrivò al punto di infliggere la pena capitale e la confisca dei beni a quegli studenti del territorio visconteo che si fossero iscritti in altre scuole superiori. Lo Studio era composto da due “Università”, vale a dire corporazioni di studenti e insegnanti (solo in seguito il termine indicherà l’insieme dell’istituzione accademica), quella dei “legisti”, per l’insegnamento del diritto civile e canonico, e quella degli “artisti”, in cui venivano insegnata la medicina, la filosofia e le arti liberali. L’insegnamento medico si trova quindi a Pavia fin dal primo periodo della storia dell’Ateneo e ha docenti di rilievo. Nel 1510-11 Leonardo da Vinci vi si reca ripetutamente interessandosi di «notomia degli uomini, aiutato e scambievolmente aiutando» l’anatomista veronese Marcantonio della Torre «eccellente filosofo, che allora leggeva in Pavia e scriveva di questa materia … fino a quel tempo involta in molte e grandissime tenebre d’ignoranza» come scrisse Vasari. Pochi decenni dopo vi insegnò medicina teorica Gerolamo Cardano personalità multiforme e singolare, vero archetipo del genio e sregolatezza di lombrosiana memoria. Un altro studioso di grande spessore scientifico fu il cremonese Gaspare Aselli che studiò a Pavia dove insegnò anche anatomia, ricordato nella storia della medicina per la scoperta dei vasi chiliferi osservati nel 1622 in un cane sezionato subito dopo che si era alimentato.
Dopo un periodo di decadenza fra il Diciassettesimo secolo e la prima metà di quello successivo l’Ateneo entrò in un secondo periodo d’oro a seguito della riforma degli studi promossa dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria preoccupata «di promuovere l’applicazione alle scienze, e persuasa, che a misura de’ progressi, che quelle fanno in uno Stato, va crescendo la pubblica felicità de’ suoi Abitanti». L’Università si arricchì così di nomi scientifici prestigiosi diventando un centro culturale fra i maggiori d’Europa. Nel 1769 venne chiamato a insegnare storia naturale il già famoso abate Lazzaro Spallanzani che realizzerà a Pavia esperimenti e osservazioni memorabili come quelli sulla “fecondazione artificiale”. Utilizzando degli stravaganti “pantaloncini”, delle “culottes” di vescica di animali, ottenne lo sperma emesso durante l’accoppiamento degli anfibi con il quale fecondò le uova sgravate dalla femmina ponendole direttamente a contatto del liquido seminale. Decise poi di provare l’esperimento in una cagnetta barboncina di «mediocre grandezza» tenuta accuratamente segregata fino al momento dell’estro. Nell’utero dell’animale iniettò allora, per mezzo di una siringa appuntita, il seme ottenuto per «emissione spontanea» da un cane barboncino della stessa razza. Sessantadue giorni dopo, la cagna «divenne madre di tre figliuoletti assai vivaci, due maschi, e il terzo femmina, che nelle fattezze, e nei colori rassomigliavano ad essa madre non solo, ma anche al maschio, che somministrato aveva lo sperma». La contentezza del naturalista per il successo dell’esperimento fu, nelle sue stesse parole, «una delle maggiori che provato abbia in mia vita, doppoichè mi esercito nella sperimentale Filosofia». Ma Spallanzani fu un protagonista degli esperimenti che si spingevano ai limiti stessi filosofici della scienza dell’epoca come le esperienze sulle “resurrezioni” dei tardigradi e dei rotiferi (piccolissimi animali che cadono in uno stato di vita latente quando sono disidratati e che tornano a nuova vita dopo la reidratazione), le osservazioni sulla rigenerazione della testa delle lumache dopo la loro decapitazione, gli studi sulla ecolocazione, la funzione che permette ai pipistrelli di orientarsi anche al buio. La seconda metà del Settecento fu un periodo straordinario della scienza pavese se si tiene presente che gli studenti seguivano anche le lezioni di Alessandro Volta, professore di fisica sperimentale nella facoltà filosofica, il cui insegnamento era propedeutico allo studio della medicina e di Antonio Scarpa, docente di anatomia e chirurgia, che realizzò un numero davvero straordinario di scoperte anatomiche e di innovazioni nelle tecniche operatorie. Di grande rilevanza anche l’insegnamento di clinica medica con lo svizzero Samuel August Tissot (dal 1781 al 1783) e il tedesco Johann Peter Frank (nel decennio compreso tra il 1785 e il 1795) fautore dell’idea, innovativa per l’epoca, che il potere statale fosse responsabile della salute pubblica. Moltissimi furono gli altri medici e naturalisti che, tra la fine del Settecento e la prima metà del secolo successivo, lasciarono impronte indelebili nella storia della medicina. Fra questi si possono ricordare, a titolo esemplificativo, Mauro Rusconi che con le sue ricerche sui primi stadi di sviluppo della rana scoprì e disegnò con grande precisione la riproduzione per scissione delle cellule (in un momento in cui non era ancora stata formulata la teoria cellulare), Luigi Porta pioniere della chirurgia vascolare e Bartolomeo Panizza, professore di anatomia, che scoprì l’area occipitale visiva; una scoperta epocale in quanto, ben sei anni prima dell’identificazione da parte di Paul Broca del centro corticale del linguaggio articolato, veniva inappuntabilmente dimostrata la localizzazione cerebrale di una funzione psichica. Allievo di Rusconi e di Panizza fu il marchese Alfonso Corti noto universalmente per i suoi studi sull’orecchio interno che getteranno luce sulle basi anatomiche dell’organo di ricezione e trasduzione degli stimoli sonori chiamato poi organo di Corti.
Legato profondamente a Pavia dove studiò giurisprudenza come allievo del Collegio Ghislieri e poi in rapporto con i professori della facoltà medica, fu Agostino Bassi che per primo dimostrò la trasmissione di un parassita del baco da seta responsabile della malattia detta mal del calcino o moscardino. Egli intuì che anche le altre malattie contagiose erano dovute a «esseri organici viventi i quali entrano in altri esseri pure organici viventi, in cui trovano pascolo, ossia alimento loro confacente, in questi si schiudono, crescono e si riproducono». Nasceva così la teoria microbiologica delle malattie infettive che si svilupperà poi pienamente con le ricerche di Louis Pasteur e Robert Koch.
Nella seconda metà dell’Ottocento l’Università di Pavia sarà ancora al centro della medicina mondiale con gli studi di Cesare Lombroso, fondatore dell’Antropologia criminale, di Giulio Bizzozero, scopritore della fagocitosi e della funzione ematopoietica del midollo osseo (più tardi, all’Università di Torino, identificherà le piastrine del sangue) e soprattutto del suo allievo Camillo Golgi. Indagando istologicamente il sistema nervoso degli animali e dell’uomo, Golgi mise a punto la reazione nera, un metodo fine per la precisa visualizzazione della singola cellula nervosa i cui contorni, colorati in nero, con tutti i loro prolungamenti, potevano essere seguiti nel campo microscopico fino a grande distanza. Quella che fino all’epoca appariva come una struttura caotica rivelò improvvisamente, nelle mani di Golgi, una sua regolarità strutturale, vero presupposto per una successiva indagine anatomo-funzionale e quindi clinica delle attività nervose. Il grande istologo aveva dato origine a un filone rivoluzionario di ricerche che avrebbero contribuito alla fondazione delle moderne neuroscienze. Ricerche per le quali ottenne il premio Nobel per la medicina nel 1906. Golgi fece studi fondamentali in molti altri settori ma immortali risultarono le sue scoperte citologiche che gli permisero di identificare un nuovo organulo citoplasmatico, l’apparato o complesso di Golgi, e quelle microbiologiche che lo portarono a descrivere il ciclo di sviluppo della malaria nel sangue umano (ciclo di Golgi). Suo grande merito fu poi quello di fondare una delle poche scuole scientifiche italiane degli ultimi due secoli che ebbe grande rinomanza mondiale. Basti pensare ai nomi di Adelchi Negri (scopritore dei corpi della rabbia che portano il suo nome), Emilio Veratti e Romeo Fusari (che descrissero il reticolo sarcoplasmatico), Aldo Perroncito (autore di ricerche importanti sulla rigenerazione del nervo periferico), Carlo Martinotti (il cui nome è rimasto legato alle cellule ad assone ascendente della corteccia cerebrale), Battista Grassi (premio Darwin della Royal Society di Londra e scopritore delle zanzare del genere Anopheles che trasmettono la malaria umana), Antonio Carini (scopritore in Brasile del Pneumocystis carinii, il microrganismo responsabile di frequenti infezioni in corso di immunodeficienza acquisita).
Tra le altre grandi personalità scientifiche di questo periodo legate all’Ateneo lombardo vale almeno ricordare Carlo Forlanini, laureato a Pavia come allievo del Collegio Borromeo e ideatore del pneumotorace terapeutico per il trattamento della tubercolosi polmonare, il suo allievo Scipione Riva Rocci, inventore dello sfigmomanometro (lo strumento diventato universalmente simbolo stesso della medicina al letto del malato), Edoardo Porro, autore della prima amputazione utero-ovarica durante il taglio cesareo, Enrico Bottini, precursore dell’antisepsi chirurgica, Edoardo Bassini che introdusse una tecnica originale per il trattamento operatorio dell’ernia inguinale, Iginio Tansini, innovatore delle tecniche chirurgiche, Pietro Grocco raffinato cultore della semeiotica medica, Enrico Sertoli, scopritore delle cellule omonime del testicolo.
Anche nel sec. XX l’Università di Pavia si è distinta per importanza e originalità delle ricerche medico-biologiche, basti pensare agli studi di Vittorio Erspamer e Maffo Vialli che portarono all’identificazione della serotonina (5-idrossi-triptamina o enteramina), alle indagini ematologiche di Adolfo Ferrata e dei suoi assistenti (in particolare Edoardo Storti) sulla genesi delle cellule del sangue e sulla natura delle leucemie, alle investigazioni neurologiche e neuroistologiche ispirate da Ottorino Rossi nel solco della tradizione golgiana (e portate avanti nel campo della neurofisiologia clinica da Paolo Pinelli), ai lavori pionieristici di genetica sviluppati da Adriano Buzzati-Traverso, Luigi Luca Cavalli Sforza e Marco Fraccaro. Da ricordare infine l’importante attività scientifica dei chirurghi pavesi nella seconda metà del Novecento e l’operosità della scuola pediatrica fondata da Giuseppe Roberto Burgio (il cui nome è legato all’identificazione della displasia pseudodiastrofica o “malattia di Burgio”).
Per alcuni anni l’Università di Pavia è stata anche promotrice, con il concorso attivo del suo corpo docente, di una seconda autonoma Facoltà medica decentrata a Varese che nel 1998 è diventata parte dell’Università dell’Insubria.
L’Ateneo pavese rappresenta uno dei luoghi della scienza privilegiati del nostro paese, dove nelle diverse epoche si sono verificati “salti quantici” significativi della conoscenza lungo il percorso che ha condotto alla medicina moderna.
Non può non tenerlo presente chiunque ami questa scienza (che rimane ancora anche un’arte) e si trovi a percorrere da studente le strade di Pavia e i portici della sua Università.